Sono a Port Au Prince. Dal terremoto che ha attraversato Haiti sono passati mesi. Ma nulla è cambiato. I dispersi non si contano. Le macerie sono ancora accatastate nelle strade. Il palazzo reale, il ministero dell’economia, l’università, il palazzo delle imposte sono ancora lì, distrutti, accovacciati. La piazza principale è divenuta un dormitorio, con le sue tende azzurre. Le case pericolanti rimangono dove sono, senza che nessuno pensi a demolirle. Uno c’è, l´abbiamo visto nelle strade del centro. E´ salito sul tetto di una casa semidistrutta e sta prendendo a martellate quel poco che rimane dell´edificio, senza preoccuparsi della gente che passa di sotto. Si fa aiutare da qualcuno. Ricostruzione quasi a zero. In tutta la città abbiamo visto una sola ruspa dell´ONU al lavoro e un paio di cittadini privati che costruivano per lo più un muretto o facevano piccole modifiche. Ma gli haitiani sono un popolo gioioso e, quando il Brasile vince la partita, nelle strade si riversa la folla verde e gialla che improvvisa danze e canti. Siamo qui per portare medicinali e aiuti concreti, inviati da Missione Possibile (www.missionepossibile.com). Assieme a Remar e al pastore Charles Wilson, Missione Possibile ha infatti iniziato il progetto di una clinica mobile che abbia un ambulatorio fisso presso la sede di Remar in Delmas 63 a Pétion-ville (sobborgo di Port Au Prince, uno degli epicentri del terremoto) e che operi nel territorio. Il responsabile di Missione Possibile Gerry Testori ha detto: “Abbiamo valutato di vitale importanza poter far nascere un pronto intervento – una clinica mobile con tre medici Haitiani, che settimanalmente potranno visitare le diverse baraccopoli nel centro della capitale Port au Prince, la cosiddetta “Ground Zero”, la più colpita e devastata dal terremoto del 12 Gennaio 2010″. I medici e gli insegnanti sono professionisti e vengono stipendiati dalla onlus. La casa che ci ospita è la stessa in cui abbiamo visto nascere l´ambulatorio in questi giorni e la dimora di 14 simpaticissimi ragazzini. Per loro e per i ragazzi che abitano nella zona, si vuole costruire una scuola che abbia più classi. Da aprile è iniziata all’interno della struttura stessa e ospita circa 50 tra bambini e bambine. 3 insegnanti: 2 classi di prima e seconda elementare, con un insegnante di supporto per il francese e lo spagnolo, Donald, stile e classe di altri tempi. Una sistemazione momentanea quella della scuola. Si sta già cercando un terreno in cui costruire un edificio più completo e adeguato. Con i piccoli ospiti della casa Remar abbiamo condiviso ogni cosa… anche la pasta italiana (salatissima per via del prezzo!) che il nostro compagno di viaggio Dario, con l´aiuto di Ilaria, ha voluto cucinare ieri sera per tutti. A disposizione: un mestolo, due pentole, una pila a dinamo per i momenti in cui se ne andava la corrente e tanto amore. Mentre rientravamo dal supermercato, caro come il fuoco anche per noi, ci ha colto alla sprovvista la pioggia battente. Impossibile ripararsi. Una donna in auto abbassa il finestrino e ci chiede se vogliamo un passaggio. Nel breve dialogo che abbiamo consumato Lucienne ci racconta dei suoi sogni infranti, il padre e il fratello morti nel terremoto, il suo salone di bellezza e il suo negozio di cosmetici distrutti. Non ho il coraggio di chiederle se ha un´assicurazione. Anche se so che le persone care una volta perdute lasciano di sé il loro ricordo ma non tornano, le dico che le auguro di ricevere molto di più di tutto quello che ha perduto. Con un sorriso che non lascia spazio al dubbio mi risponde: “Ne sono certa”. Qui la fede non manca. Sono le opere che scarseggiano.
Miss P