Vedere interpretato il meraviglioso testo dell’Opera da tre soldi di Bertold Brecht e riascoltare le musiche di Kurt Weill al Piccolo Teatro Strehler è emozionante e molto evocativo.
Primo: la cornice. Una delle occasioni in cui mi sono recata lì, fu per il concerto del nostro amatissimo maestro Enzo Jannacci. Ho avuto il grande privilegio di esibirmi con lui innumerevoli volte. Quanti bei ricordi, che nostalgia, che emozione!
Secondo: ho incontrato Pedro Almodovar a Madrid, accompagnato dall’incantevole Rossy De Palma (la chica de Almodovar, così si usava chiamare affettuosamente le attrici di cui il regista si circondava). Ero un’attrice poco più che ventenne, in un locale della celeberrima Movida madrilena; trovarmeli davanti improvvisamente con una birra in mano e, grazie alle presentazioni di conoscenze comuni, poter parlare con loro per più di mezz’ora è stato un sogno che ho potuto realizzare. Mai smettere di sognare!
Ieri sera (10 giugno) sarei andata volentieri in camerino a farle un saluto (come, del resto, amo fare a fine spettacolo) ma una simpaticissima e molto mamma, attrice, bravissima collega, Federica Toti, aveva tanta urgenza di raggiungere la sua amatissima bambina. Come biasimarla? Così, Miss T è ritornata a casa con chi l’ha invitata, in una serata leggera come la sua brezza.
Lo so, ho scritto spesso il termine attrice. Non preoccupatevi, lo rifarò.
Terzo: qual è l’attore che non ha dovuto interpretare, almeno una volta, una ballata di Kurt Weill, foss’anche solo come esercizio di stile?
Miserie, tradimenti, innocenza infranta, incoerenze, sotterfugi, scaltrezza, ambiguità. Il carosello delle nostre vite consumate (nessuna epoca esente, nessuna persona non ne fa esperienza) si dipana davanti ai nostri occhi, nei tre atti che si susseguono con un solo, breve intervallo.
Testi che ho sempre considerato pedagogici e che, in modo chiaro ed esaustivo, arrivano dritti al cuore.
Quale donna non si è ritrovata a dire, come Polly (Barbara Song) queste incisive parole?
(Non tutte, lo so, è una domanda retorica, tanto per intenderci, non prendetemi alla lettera!)
Un giorno lontano quand’ero innocente e tutta candore e virtù,
se un tale veniva a farmi la corte
gli davo assai poco e mai di più!
Poco importava a me
che fosse ricco,
ben lavato anche al venerdì
e che educato fosse e sempre comme il faut. Io gli dicevo: No!
È la sola via da scegliere
buoni amici e nulla più!
[…] Ma un giorno e fu un giorno colore d’azzurro un tipo deciso arrivò
entrò nella stanza e appese il cappello,
ed io quel che feci non lo so.
Ma che importava a me se non ne aveva,
se non cambiava il colletto al venerdì,
e che importava se non era comme il faut. A lui non dissi: NO!
E come, anche senza essere per forza complottisti, non ci sentiamo vicini al, seppur ladro e assassino, Mackie Messer, quando (lo scrivo senza timore di spoilerare) prima di essere giustiziato pronuncia queste parole?
Volete mettere un grimaldello contro un pacchetto di azioni?
Sfondare una banca di fronte al «fondare» una banca?
L’uccisione di un uomo contro la trasformazione di un uomo in una macchina?
Eh sì, amici, io mi accomiato da voi e vi ringrazio per la vostra presenza qui.
Molti di voi li ho avuti vicini.
Mi meraviglia il tradimento di Jenny, ma in fondo a pensarci bene è la dimostrazione più chiara che il mondo non può cambiare e resta quello che è.
Stupisce, o forse no, anche il tradimento del miglior amico di Mac, il capo della polizia, tale Jackie “Tiger” Brown. Non lo fa per virtù ma per mantenere il suo potere, vi dice niente?
Nessuno ha mai vissuto questo?
Nel testo dell’Opera (che nasce dal testo del drammaturgo britannico John Gay, L’Opera del mendicante, tradotto in tedesco e rielaborata da Brecht) viene citata più volte la Bibbia. Mi permetto di farlo anch’io con il versetto di un salmo, il 41.
«Anche l’amico con il quale vivevo in pace,
in cui avevo fiducia, e che mangiava il mio pane,
si è schierato contro di me».
Come reagiamo davanti a un tradimento?
Davanti a questo affronto il farabutto Mac afferma:
«Povero Brown. Ha la coscienza dilaniata! E con questa sensibilità vuoi fare il capo della Polizia! È stato meglio che non abbia peggiorato la sua condizione con una scenata. L’avevo preparata, veramente, ma a pensarci bene, mi è sembrato che accusarlo con un penetrante e doloroso senso di fissità nello sguardo, andasse molto meglio. È un vecchio trucco citato dalla Bibbia. Ed è andata benissimo. Sotto il mio sguardo si è messo persino a piangere».
Un Tu quoque, … (nome della persona che ci ha ferito), fili mi in versione leggermente jazzata, che serve più di mille sfuriate, ma che, spesso, ci rimane in gola, come l’amaro.
Un bel tacer non fu mai scritto.
E così scrivo tacendo su allestimento e interpreti.
Primo: perché è già stato detto tutto.
Secondo: perché l’emozione che si prova davanti a tali scene e parole è un percorso dell’anima sia soggettivo sia collettivo. E “sporcarlo” con giudizi terreni, in questo momento non m’interessa. La gioia di risentire e poter gustare questi testi sublimi, dopo tanto tempo, supera la necessità di un’analisi sull’esposizione. Sono più attenta ai segnali che provengono dall’arte pura e dalle cose di lassù.
Terzo, ma non meno importante: questo è il mio blog, e faccio quello che voglio. Quindi, concluderò ripetendo, senza un motivo apparente, la parola: attrice! Ma un motivo c’è sempre, ve lo garantisco!
Miss T
Amica quanti bei ricordi di Teatro condivisi e cantati insieme…
Appunto a questo pensavo, amica! 😉